La ricostruzione dell’intuizione di un attimo

Ad un’apparente figurazione fantastica, Orsoni, inserisce concetti ben più profondi e suggerisce di staccarsi dal modo di vedere sé stessi e dal modo di vedere ciò che ci circonda e anche solo per un attimo percepire un altro sé in un altrove impossibile.

Orsoni apre porte lontane e ci introduce con forza e vigore dentro visioni sorprendenti,  dove il rapporto tra gli elementi naturali viene sconvolto e la terra è anche aria e l’aria anche acqua. L’abilità tecnica nella descrizione delle rocce talmente ripide da togliere il fiato, delle nuvole cariche di presagi e di promesse, delle acqua profondissime che celano  misteri,  delle radici contorte collegate all’inconscio, contribuisce a rendere, seppure per un attimo, possibile ciò che non può esserlo.

I castelli fantastici, le città sospese ci accolgono quasi in modo ipnotico e ci invitano alla contemplazione del paesaggio circostante, una contemplazione che diventa interiore,  zen, dove l’equilibrio si trova nelle situazioni più sospese o dentro percorsi di elevazione suggeriti da una tensione dinamica verso il cielo.

In questa condizione non solo gli elementi si compenetrano ma anche le coscienze:  gli animali hanno le loro visioni, gli alberi le loro ripugnanze, le rocce le loro aperture, le città si alzano e si spostano in cerca della loro dimensione. E l’uomo è così pieno da essere dentro tutto ciò ma anche così vuoto da essere burattino insensibile.

Lo stato di equilibrio tra le vertigini è rafforzato da una composizione architettonica precisa, calcolata del quadro. Avviene sulla tela una ricostruzione fedele, quasi meticolosa dell’intuizione di un attimo, di una visione estatica che a volte solo il dormiveglia sa donarci, sospesi per un istante infinito tra realtà e surrealtà.

 

Cremona, 18 maggio 2012                                                           Giorgio Pastorelli